Sanità negata per 9 mln italiani

ROMA – Donne, anziani, famiglie con figli. Sono oltre 9 milioni le persone che hanno dovuto rinunciare alle cure sanitarie per motivi economici nell’ultimo anno, secondo quanto emerge da uno studio Rbm Salute-Censis presentato al Welfare day. Oltre una su quattro ha più di 65 anni, il 61% è di sesso femminile e in 4 milioni di casi vive al Sud o nelle isole. Il fenomeno è particolarmente accentuato nelle regioni con piani di rientro dal deficit sanitario, dove la crescita media della spesa pubblica nel settore è calata dal +6,2% del 2000-2007 a meno dell’1% nei tre anni successivi. A livello nazionale si è passati, nello stesso periodo, da aumenti annui del 6% al +2,3%. Anche in conseguenza dei tagli, gli italiani che ritengono la sanità della propria regione in peggioramento sono aumentati di dieci punti percentuali tra il 2009 e il 2012, fino al 31,7%. Il gap tra le esigenze di finanziamento della sanità pubblica e le risorse disponibili è previsto raggiungere 17 miliardi di euro nel 2015. La spesa per la sanità privata intanto continua ad aumentare (+25,5 tra il 2000 e il 2010). Le persone assistite dai Fondi integrativi, in particolare, sono tre 11 milioni. In oltre il 55% dei casi gli importi stanziati dai fondi sono andati in prestazioni sostitutive al servizio pubblico come il ricovero ospedaliero o il day hospital.

La sanità complementare in Italia è un universo composto da centinaia di Fondi integrativi, a beneficio di oltre 11 milioni di assistiti, che svolgono un ruolo ampiamente sostitutivo e colmano i vuoti dell’offerta pubblica. La ricerca di Rbm Salute-Censis ha riguardato 14 Fondi sanitari per oltre 2 milioni di assistiti e importi richiesti per prestazioni pari a oltre 1,5 miliardi di euro nel triennio 2008-2010. Il 55% degli importi dei Fondi integrativi ha riguardato prestazioni sostitutive (ricovero ospedaliero, day hospital, ecc.) fornite in alternativa a quelle dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) del Servizio sanitario. Il restante 45% degli importi ha riguardato prestazioni integrative (cure dentarie, fisioterapia, ecc.). Tra le varie tipologie di Fondi integrativi esistenti, sono i Fondi aziendali, rispetto a quelli istituiti dalla contrattazione collettiva nazionale, a garantire in misura maggiore la copertura anche alle famiglie degli iscritti (inclusi i più vulnerabili, minori e anziani).

“Il numero di anziani che saranno costretti a rinunciare alle cure sanitarie è destinato ad aumentare drasticamente in breve tempo a causa dell’acuirsi della crisi, della mancanza di risposte da parte del Governo e per la drammatica condizione in cui versa il sistema sanitario nazionale”, ha dichiarato il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone. “Ormai – ha continuato Cantone – siamo arrivati ad una situazione davvero insostenibile in cui nel nostro Paese il diritto alla salute è garantito solo a chi può permetterselo e a chi si rivolge a strutture private”. In tal senso Cantone chiede al Governo “di adoperarsi con urgenza per scongiurare quella potrebbe diventare una vera e propria emergenza sanitaria per gli anziani rafforzando la sanità pubblica e garantendo la possibilità di accedere alle cure a chi ne ha più bisogno”.

“Mi auguro che il governo Monti possa reperire risorse aggiuntive per garantire un’erogazione omogenea della sanità su tutto il territorio nazionale, come auspicato dal Censis. Nel frattempo ritengo indifferibile una razionalizzazione della spesa sanitaria, affinché i fondi che finanziano la sanità regionale siano impiegati con appropriatezza ed oculatezza”, ha affermato Antonio Palagiano, responsabile nazionale sanita’ dell’Italia dei Valori.