Stefano Cucchi: una morte ‘prevedibile’ per cura ‘inadeguata’

ROMA – ”I medici del Pertini non trattando il paziente in maniera adeguata ne hanno determinato il decesso” dunque ”l’evento morte era prevedibile”. Lo ha sostenuto il professore Luigi Barana, uno dei periti incaricati dalla III Corte d’assise di Roma di stabilire le cause della morte di Stefano Cucchi.
Stefano Cucchi, arrestato il 15 ottobre 2009 per droga, morì una settimana dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma. Oggi in aula la conclusione dell’esame dei periti (sei medici dell’istituto Labanof di Milano) e dal controesame dei legali della famiglia e delle difese. “I medici – ha detto Marco Grandi, a capo del pool di esperti – non hanno saputo individuare il quadro patologico. Hanno avuto una condotta colposa a titolo di imperizia o negligenza, quando non di mancata osservanza delle disposizioni codificate”.

Stefano Cucchi non fu avvisato dai medici che se continuava a digiunare era a rischio vita. E’ la conclusione della perizia disposta dai giudici. “Non fu informato sul suo stato di salute, sulla prognosi a breve infausta nel caso lui avesse persistito nel rifiutare cibo e liquidi”, ha detto in aula il perito Marco Grandi.

“Pretendo le scuse dal ministro della Giustizia. Ho consegnato mio figlio allo Stato sano. E’ stato ucciso e io sono costretto a subire affronti in aula”. E’ l’amaro sfogo di Giovanni Cucchi, padre di Stefano, a margine dell’udienza di oggi del processo per la morte del figlio, dopo che il pm si è opposto in aula al fatto che i consulenti della famiglia ponessero ai periti del collegio le domande in luogo dei legali della famiglia per ‘comodita’ tecnicà. “Ho ipotecato casa, oggi erano in aula i miei consulenti venuti da varie parti d’Italia e da me pagati – ha aggiunto Giovanni Cucchi – Il pm però si è opposto a far sì che fossero loro a porre le domande ai periti della Corte. Voglio capire perché e voglio delle scuse; anche perché ritengo necessario un confronto approfondito che solo tra periti è possibile esplicare in modo completo. A tale confronto ritengo che lo Stato non dovrebbe rinunciare per nessun motivo”. “Stefano è solo la punta di un iceberg che evidenzia come sia il sistema che non va – ha concluso il padre di Stefano – Un sistema che presenta aspetti negativi che non si vogliono fare emergere. Speriamo che la sua morte serva almeno a fare emergere questi aspetti negativi per correggerli”.