Vertice Ue: Nuovo patto nasce a 25

(degli inviati Federico Garimberti e Paola Tamborlini) Mario Monti e’ soddisfatto, non tanto per l’approvazione del Fiscal Compact, che ha sempre ritenuto un ”di piu”’ utile soprattutto in chiave interna per i Paesi rigoristi, Germania in testa. Quanto piuttosto per quello che, grazie al varo di norme piu’ stringenti sulla disciplina di bilancio, ora l’Europa potra’ fare. Certo, il presidente del Consiglio parla di ”pagina importante per la stabilita”’ dell’Eurozona a proposito dell’intesa che sara’ formalizzata il primo marzo prossimo. Ma guarda gia’ oltre, a quello che veramente interessa l’Italia: un piano europeo per la crescita e dei firewall che proteggano i Paesi piu’ deboli dalle turbolenze dei mercati, anche se – precisa – l’Italia non ne avra’ bisogno. Il presidente del Consiglio si dice ”molto soddisfatto”. In primo luogo per aver evitato brutte sorprese sul debito. ”Non ci sono ulteriori appesantimenti o aggravi” rispetto alle norme gia’ introdotte nella normativa comunitaria attraverso il Six Pack. Il rientro del debito per i Paesi sopra al 60% e’ previsto di un ventesimo all’anno per la parte eccedente. Ma nel calcolare il cammino di risanamento si terra’ conto dei ”fattori rilevanti” (come il ciclo economico o altri elementi dell’economia) che alleggeriranno il rigore. Certo, l’azione di risanamento sara’ pesante, ma Monti ritiene che sara’ ”assolutamente sostenibile” non appena ci sara’ un po’ di crescita. Quello che lo preoccupa semmai e’ la crescita. Anche perche’ riconosce che l’Italia, come il resto d’Europa, ”non e’ esente” da rischi recessivi. Condivide perfino l’analisi di Moody’s, secondo cui la manovra ridurra’ il reddito degli italiani. ”Non lo escludo affatto, ma – precisa con un gioco di parole sul ‘salva-Italia’ – l’inerzia-Italia sarebbe stata molto peggio”. Inoltre, le misure del governo ”non aggraveranno la recessione, ma la attenueranno”. Nulla dice sui rischi per l’occupazione, che definisce la ”vera piaga”, soprattutto per i giovani. Lui per primo e’ consapevole della necessita’ di risollevare il Pil. Ecco perche’ sottolinea l’importanza del documento sulla crescita, in particolare nella parte in cui ”identifica obiettivi e linee guida” per i singoli Paesi. Perche’ se l’Italia ha fatto e fara’ tanto sul fronte delle liberalizzazioni e della competitivita’, e’ tempo che anche altri (Germania in testa) facciano di piu’. Solo cosi’ le imprese italiane, e dunque i lavoratori, potranno entrare in quei mercati finora preclusi (energia, trasporti, servizi). Un tema, quello del piano europeo per la crescita e l’occupazione, che sara’ affrontato nel vertice di marzo. La speranza dell’Italia e’ che fra un mese si passi a misure concrete con un calendario ben definito. Perche’, come sottolinea lo stesso Monti con ironia, sul fronte della disciplina di bilancio si e’ fatto tutto, compreso il perfezionamento del ”pinnacolo e del merlo decorativo” del Fiscal Compact. Mentre sul fronte del mercato unico c’e’ ancora molta strada da fare. Cosi’ come tanta strada si dovra’ fare sull’altro importante dossier che interessa l’Italia: i cosiddetti ‘firewall’, ovvero le barriere a protezione dei Paesi con tassi di interesse sul debito sovrano eccessivi. Il premier rinnova l’auspicio che una volta ottenuto il Patto di bilancio, le istituzioni europee, a cominciare dalla Bce, si sentano piu’ tranquille e agiscano con maggiori margini di manovra. Monti ritiene che l’Italia possa fare a meno delle risorse del fondo salva-Stati (Esm), ma giudica indispensabile un suo potenziamento. Anche perche’, ribadisce, piu’ risorse ha, meno probabilita’ ci saranno di doverle utilizzare. Infine, il premier conferma che l’Italia riterrebbe una ”evoluzione positiva” attribuire all’Esm le funzioni di una banca, che possa cosi’ attingere ai prestiti ‘illimitati’ della Bce.

SI’ A PATTO MA A 25, LEADER DIVISI SU GRECIA
OLTRE LONDRA, FUORI ANCHE PRAGA. SFIDA PER LA CRESCITA

(di Marisa Ostolani) L’Unione europea raggiunge un accordo sul nuovo Patto di bilancio, che rafforza la disciplina imponendo regole di rigore comuni sui conti, e sulla crescita, ma perde pezzi per strada e resta divisa su come risolvere una volta per tutte la crisi greca. L’intesa sul nuovo ‘Fiscal compact’ è stata raggiunta, dopo un negoziato piuttosto serrato, solo da 25 stati membri: oltre che la Gran Bretagna – fuori fin dall’inizio – a sorpresa anche la Repubblica Ceca non ha sottoscritto l’accordo, pur precisando che potrebbe ritornare sui suoi passi. Mentre la dichiarazione conclusiva sulla crescita e l’occupazione è stata approvata da tutti, tranne la Svezia il cui premier che guida un governo di minoranza, “per ragioni parlamentari”, non è stato in grado di sottoscriverla. Tutti e 27 hanno invece firmato l’intesa sul nuovo fondo salva-stati Esm. “L’accordo a 25 è un grande risultato, considerando che la Ue è composta da 27 stati membri”, ha commentato soddisfatto il presidente Ue Herman van Rompuy. Soddisfatto anche il presidente della Bce Mario Draghi: “Il fiscal compact è un primo passo verso l’Unione fiscale”, ha commentato.

“Certamente rafforzerà la fiducia nella zona dell’euro”. La difficoltà della Grecia a raggiungere un accordo con i creditori privati e le polemiche suscitate dal documento tedesco che ha chiesto un commissariamento di fatto di Atene, sono stati i convitati di pietra: la questione è stata discussa dai leader “informalmente” a cena. “Sono fermamente contrario a questa idea di una commissione che avrebbe per sola missione di sorvegliare la Grecia”, ha detto Jean-Claude Juncker, il premier del Lussemburgo e presidente dell’Eurogruppo. Per il cancelliere austriaco Werner Faymann la proposta tedesca è “vessatoria”. Contrari anche Mario Monti e Nicolas Sarkozy, mentre un moderato appoggio a Berlino lo hanno dato l’Olanda e la Svezia. Sulla Grecia “vogliamo un accordo globale da qui alla fine della settimana”, ha dichiarato il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso. Al termine del Vertice, Juncker, Barroso, Draghi e Van Rompuy si sono incontrati con il premier Lucas Papademos per fare il punto sulle trattative con i privati e sul secondo piano di aiuti da 130 miliardi di euro. Con il ‘fiscal compact’, comunque, il pareggio di bilancio diventa una “regola d’oro”: accettando il nuovo Patto, i 25 paesi hanno accettato di inserire l’obbligo dell’equilibrio dei conti nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti e si sono impegnati a fare scattare sanzioni ‘semi-automatiche’ in caso di violazione. I paesi che hanno un debito superiore al tetto fissato da Maastricht del 60% sul Pil si sono impegnati inoltre ad un piano di rientro pari ad 1/20 l’anno, tenendo però conto – come chiesto dall’Italia – dei fattori attenuanti già previsti dal six-pack, il pacchetto di disposizioni sulla nuova governance economica.

L’accordo sul nuovo Patto è stato tenuto in sospeso per alcune ore dalla Polonia, che – contestata dalla Francia – chiedeva di partecipare a tutti i summit dell’Eurogruppo. Alla fine ha prevalso un compromesso che ha accontentato Varsavia, ma non è bastato a Praga, che ha anche problemi di coesione interno al governo. I leader riuniti a Bruxelles, paralizzata dalla prima neve e da uno sciopero generale contro l’austerità, hanno anche dato il via libera alla creazione del fondo salva-stati permanente Esm, che dal primo luglio sostituirà quello provvisorio Esfm, rinviando però al vertice del primo di marzo la decisione sulle risorse (500 miliardi, come vorrebbe la Germania, o almeno 750 come chiedono altri paesi, Italia inclusa, la Commissione e il Fmi). E – come prevedeva l’agenda ufficiale – hanno soprattutto discusso di crescita e di occupazione perché “stabilità finanziaria e consolidamento di bilancio sono “condizioni necessarie per la crescita, ma non sufficienti”. “Bisogna fare di più affinché l’Europa superi la crisi”, affermano i leader nelle conclusioni del summit. A ricordare che non c’é solo la strada dell’austerità, ci hanno pensato i sindacati belgi che hanno presentato simbolicamente il primo eurobond ai capi di Stato e di governo. Mentre il presidente del parlamento Ue Martin Schulz ha reiterato la richiesta di introdurre subito una Tobin tax sulle transazioni finanziarie. Barroso ha presentato un rapporto dettagliato sulle prossime tappe per la crescita e l’occupazione che abbonda di freccette e grafici, ma scarseggia di risorse. Bruxelles è pronta però ad accelerare l’impiego dei fondi europei non spesi: un tesoretto di 82 miliardi entro il 2013 – di cui otto miliardi per l’Italia – che dovranno essere destinati a progetti di creazione di posti di lavoro soprattutto giovanile. Il presidente della Commissione ha proposto di inviare un team di esperti europei in Italia e in altri sette Paesi ad alta disoccupazione, tra cui Grecia e Spagna, che lavorerà con governi e parti sociali per valutare progetti di lavoro anche con l’aiuto dei fondi Ue non spesi.