Lega ‘caccia’ Rosy Mauro. Maroni, ‘Ora si riparte’

MILANO – “Dopo le pulizie di primavera torniamo a fare politica”: lo ha scritto stamani Roberto Maroni sulla sua pagina Facebook, all’indomani delle espulsioni di Rosi Mauro e Francesco Belsito dalla Lega. “Basta piangerci addosso – scrive – ora si riparte. Viva la Lega”. In un altro post Maroni ha osservato che un congresso federale a 10 anni dall’ultimo è un “evento storico”.

(di Maurizio Lucchi e Alessandro Franzi) – MILANO – Rosy Mauro non molla la vicepresidenza del Senato, e Umberto Bossi, insieme agli altri big del Carroccio non puo’ far altro che espellerla. Ha disubbidito ad un ordine di scuderia del partito e, come si legge nel verbale del Consiglio Federale, non c’erano alternative. Come previsto e’ stato espulso anche Francesco Belsito, mentre il caso Renzo Bossi, gia’ dimessosi da consigliere regionale della Lombardia – si spiega -non era all’ordine del giorno. Una fotografia che inquadra Roberto Maroni come vincitore di questa prima ‘battaglia’ che avvicina il partito al Congresso, anticipato al 30 giugno. E che vede il Senatur tormentato per la decisione di ‘cacciare’ la ‘pasionaria’ della Lega dal partito. E allo stesso tempo deciso ad andare fino in fondo nel chiarimento: ” Se si accertera’ davvero che qualcuno della mia famiglia ha preso dei soldi appartenenti alla Lega faro’ un assegno per rimborsare l’intero importo”, ha detto durante la riunione.

Rabbiosa la reazione di Rosy che si era presentata a sorpresa al Consiglio per perorare la propria causa e lo lascia con un atto di accusa: ”Il rancore ha prevalso sulla verita”’. ”La mia epurazione era gia’ scritta” aggiunge la vicepresidente del Senato con il volto stanco e tenendo in mano un foglio con gli appunti delle cose essenziali da dire. A una nota scritta affida invece il commento ‘politico’ sulla sua fine in Lega: ”l’unanimita’ e’ stata imposta con un ricatto politico”. Comunque ”mi sono tolta un peso dal cuore, perche’ non potevo stare nell’ambiguita’ e nell’ipocrisia” conclude davanti ai microfoni, assicurando di non sentirsi tradita da Umberto Bossi. Rosy Mauro non ha chiarito che cosa fara’ adesso, dopo l’espulsione. ”Valutero’ tutto, si fa un passo alla volta”, ha risposto a proposito di possibili sue dimissioni dalla vicepresidenza del Senato. La lunga giornata di Rosy Mauro era incominciata alle 16.15, con il suo arrivo, a sorpresa, al Consiglio federale. Stamani era a Roma, nel suo ufficio, e sembrava volesse attendere li’ le decisioni del Federale. Poi e’ arrivata, quando tutti i vertici, compresi Bossi e Maroni, erano gia’ all’interno. Un arrivo ben visibile: lei che scende dall’auto di fronte alle telecamere, accompagnata dal suo caposcorta, Pierangelo Moscagiuro. La parte ‘drammatica’ del Federale pero’ non e’ incominciata subito, prima c’e’ stato il confronto sulla convocazione del congresso federale, anticipato al 30 giugno-1 luglio, come promesso da Roberto Maroni martedi’ sera a Bergamo. Quindi la discussione si e’ spostata sui provvedimenti per ”fare pulizia” nel movimento dopo l’emergere delle inchieste giudiziarie sull’utilizzo dei rimborsi elettorali della Lega. Raccontano i presenti che sul destino di Belsito ci sia stata poca discussione. La vicepresidente del Senato invece ha tenuto il punto a lungo. Ha ripetuto l’autodifesa gia’ illustrata da Bruno Vespa: mai presi soldi e ”non ci sto a pagare per tutti”. Con toni decisi ma non eccessivi, se non quando ha dovuto parlare del trattamento ricevuto dalla stampa. ”Rosy Mauro ha avuto una reazione orgogliosa di cui bisogna darle atto e ha spiegato che lei non c’entra nulla – cosi’ le ha reso l’onore delle armi Giancarlo Giorgetti – Si e’ difesa con caparbieta’. Ma la questione era un’altra”. A un certo punto si e’ dovuto decidere, e secondo molti dei presenti Maroni ha chiesto pulizia e chiarezza ”completa”, minacciando di dimettersi dal triunvirato se non si fosse messa ai voti l’espulsione della Mauro. Bossi fino all’ultimo ha cercato di convincere Rosy, ha insistito perche’ si dimettesse da vicepresidente del Senato. Inutilmente. Ne e’ nato anche un giallo sulla effettiva effettiva presenza, durante il voto del Senatur. Giallo poi chiarito dal verbale nel quale si fa riferimento ad una votazione ”all’unanimita”

(di Igor Greganti) – MILANO – Non solo la posizione di Umberto Bossi, dei suoi familiari e di Rosi Mauro. Al centro degli accertamenti della Procura di Milano, titolare del fascicolo sulle distrazioni dei fondi della Lega Nord che sarebbero stati utilizzati anche per le spese personali di alcuni esponenti del Carroccio, ci sarebbero anche gli atti dell’inchiesta che ‘tirano in ballo’ Roberto Calderoli, nominato nei giorni scorsi uno dei tre triumviri che devono reggere il partito dopo le dimissioni del leader, travolto dallo scandalo dei rimborsi elettorali ‘volati’ in parte anche verso la Tanzania e Cipro.

Ieri, intanto, i finanzieri del nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano si sono recati nella sede genovese di Banca Aletti e di altri 7 istituti di credito per acquisire tutti i documenti sui conti riconducibili all’ex tesoriere Francesco Belsito, indagato per appropriazione indebita e truffa, ma anche, pare, a Umberto Bossi e piu’ in generale al Carroccio, per andare a ricostruire tutte le movimentazioni di denaro, ‘a caccia’ di altri esborsi senza giustificazioni. Oltre al tentativo di trovare riscontri su elementi gia’ emersi dall’ inchiesta, come un carnet di assegni rilasciato proprio da Banca Aletti e che reca la scritta ”Umberto Bossi”. Nel frattempo, si e’ anche saputo che con l’ordine di esibizione, consegnato ieri dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini nelle mani del nuovo tesoriere Stefano Stefani e alla presenza di Roberto Maroni, i magistrati hanno chiesto ”tutta la documentazione riguardante le proprieta’ immobiliari e mobiliari della Lega o comunque intestate a rappresentanti o fiduciari del movimento politico”.

Gli inquirenti, inoltre, proprio oggi hanno conferito l’ incarico ad un perito di analizzare tutto il materiale informatico, computer e portatili, sequestrato nel corso delle perquisizioni della scorsa settimana. Analisi che potrebbero servire anche a trovare tracce dei presunti ”fondi neri in entrata” nelle casse del partito. Mentre per quanto riguarda il capitolo dei soldi che dal Carroccio sarebbero stati dirottati a singoli soggetti, come Bossi, i suoi figli e la moglie, sotto ‘la lente d’ingradimento’ dei magistrati e’ finito anche l’ex ministro Calderoli. In una intercettazione, infatti, l’ex responsabile amministrativa di via Bellerio, Nadia Dagrada, dice parlando con Belsito: ”E invece quelli di Cald (ndv Calderoli) come li giustifico quelli?”. E gli investigatori annotano proprio il nome ”Calderoli” tra i soggetti destinatari di ”rilevanti somme di denaro (…) utilizzate per sostenere esigenze personali (…) estranee alle finalita’ ed alle funzionalita’ del partito Lega Nord”. Mentre dall’analisi dei documenti acquisiti ieri nel corso della ‘visita’ alla sede del Sindacato Padano e’ venuto fuori che tra i pochi dipendenti del Sinpa – non piu’ di tre – una sarebbe la nipote di Rosi Mauro, i militari della Gdf hanno chiesto carte su una decina di conti in alcune filiali della Banca Popolare di Novara, della Bnl, di Unicredit, di Banca Sella, di Carige, del Banco di Napoli e della Banca Popolare di Lodi. Nella famosa cartella ‘The Family’, infatti, oltre al carnet di assegni di Banca Aletti (istituto da cui sono partiti gli investimenti all’estero e nel quale ci sarebbero diversi conti riconducibili alla Lega), c’e’ documentazione anche su conti di Bossi e di sua moglie proprio presso la Banca Popolare di Lodi. In piu’ dalle carte risulta che alla filiale romana del Banco di Napoli da un conto intestato all’ormai presidente del Carroccio vengono fatti due bonifici – da 5 mila euro il 21 aprile 2010 e da 4 mila euro il 13 ottobre 2010 – in favore della moglie, Manuela Morrone, su un conto della Banca Popolare di Bergamo, che sembrerebbe intestato allo stesso Senatur. Tra i conti acquisiti ci sono sia quelli ‘federali’ del Carroccio, ossia quelli su cui avevano potere di firma Belsito e i responsabili amministrativi come la Dagrada, che quelli ‘locali’ su cui potevano operare i dirigenti delle sedi ‘periferiche’ del partito. Infine, gli accertamenti su tutti gli ”immobili” in uso al ”movimento politico” e ”ai suoi iscritti”. I magistrati per fare chiarezza su una tesoriera ”opaca” chiederanno ”di volta in volta” alla Lega di consegnargli ”note informali, appunti” e anche ”e-mail”