Lettera delle BR recapitata all’ANSA

ANCONA – “Non sono certo gli studenti e i lavoratori i nostri obiettivi”, ma “padroni, classi dirigenti, banchieri, prostitute di Stato”. Firmato: Brigate Rosse-Brigata Gino Liverani ‘Diego’. Una lettera in fotocopia, recapitata alla redazione dell’Agenzia ANSA delle Marche, ad Ancona, in busta affrancata e senza mittente, per qualche ora ha creato allarme, in giorni già segnati dall’attentato anarco-insurrezionalista all’ad dell’Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi, dall’esplosione dal movente ancora oscuro che ha ucciso la studentessa Melissa Bassi a Brindisi, e da segnali più o meno concreti di una possibile recrudescenza del terrorismo brigatista. Poi però i dubbi dell’intelligence sull’attendibilità della missiva sono cresciuti, mentre un secondo plico, indirizzato al ‘Direttore Banca Marche-Ancona’, con la stella a cinque punte disegnata sulla busta, veniva bloccato nel centro di smistamento di Poste Italiane ad Ancona. La lettera all’ANSA, scritta in stampatello, forse con un normografo, e spedita il 23 maggio scorso, è stata acquisita dalla Digos, che ha svolto le prime indagini insieme alla Polizia scientifica. Il procuratore distrettuale Elisabetta Melotti e il pm Andrea Laurino stanno coordinando gli accertamenti: ma la validità del messaggio è ancora tutta da confermare.

Due gli elementi che colpiscono: la dissociazione esplicita dall’attentato di Brindisi, sulla falsariga delle dichiarazioni del presunto ideologo del Partito comunista politico-militare Alfredo Davanzo sotto processo a Milano – “Noi non siamo terroristi, non ammazziamo i bambini come a Brindisi” – e la sigla, inedita, ‘Brigata Gino Liverani ‘Diegò”. Un nome che fa fare un salto indietro di 40 anni, e riporta al Comitato, poi Colonna Marchigiana delle Br, e a un comprimario delle Brigate rosse di Patrizio Peci e Mario Moretti: Tommaso Gino Liverani, romagnolo di Bagnocavallo, impiegato di un hotel di Ancona dove i brigatisti del capoluogo si riunivano. Liverani sarebbe morto latitante in Nicaragua, nel 1985, anche se il decesso ufficialmente non è mai stato confermato. La missiva attacca il “governo fascista capeggiato da Monti, con la complicità di Napolitano” e i “soliti pennivendoli”, che “continuano nella loro opera di disinformazione”. Fa riferimento alla cancellazione dei “diritti che, con grande fatica, i lavoratori si erano conquistati”, e giudica “improrogabile la ripresa della lotta armata per la liberazione del popolo dal giogo capitalista e dalla dittatura dei padroni”.

“Nuove sono le idee e la forma del linguaggio, ma immutati gli obiettivi”. Secondo un investigatore di lungo corso, a concepire un testo del genere (sgrammaticato in qualche passaggio, dalla struttura ‘debole’ rispetto al linguaggio verboso e ponderato dei volantini Br) potrebbe essere stato un nostalgico degli anni di piombo, forse una persona di una certa età, che conosce la storia delle Br locali tanto da ‘resuscitare’ una figura dimenticata dai più, come Liverani. Un uomo (in linea teorica anche una donna) la cui principale preoccupazione è prendere le distanze dalla bomba davanti alla scuola ‘Morvillo Falcone’. Bene l’attacco al “potere”, mai l’omicidio di ragazzi incolpevoli. Oppure un semplice mitomane, come quello che si pensa abbia spedito la busta per il direttore di banca. Liverani venne arrestato nel 1979 a Falconara per gli assalti alla Confapi (1976) e alla sede Dc di Ancona (1979). Processato anche per la ricettazione dei 120 milioni di riscatto per la liberazione di Ciro Cirillo, scontò una prima condanna e il 7 gennaio 1981 tornò libero. Riparato in Nicaragua, fu condannato in contumacia ad altri 6 anni per partecipazione a banda armata e associazione sovversiva. Sarebbe morto di malattia a Managua, dove lavorava sotto falso nome come operatore tv. Se fosse vivo, avrebbe 82 anni: fantasmi che tornano, come la scritta ‘Brigate rosse’ e la stella a cinque punte nell’intestazione della lettera di oggi.