Napolitano firma decreto. Tremonti: lodo? Non parlo

Giorgio Napolitano ha firmato il decreto legge che contiene le misure più urgenti della manovra finanziaria varata dal governo. Prevede misure pesanti che suscitano proteste e obiezioni delle opposizioni e delle parti sociali. A tutti Napolitano ha voluto ricordare che un intervento sui conti pubblici è necessario e che questo è solo il primo passo, altri se ne dovranno fare per giungere entro il 2014 al pareggio di bilancio chiesto dall’Unione Europea. Saranno necessari altri interventi, ha detto, e si dovranno fare “con gli ordinari strumenti di bilancio relativi al triennio 2012-2014 e i relativi disegni di legge collegati”. Nel passare la parola al Parlamento, Napolitano ha sottolineato la necessità che tutti gli schieramenti condividano l’impegno del pareggio di bilancio assunto dall’Italia con l’UE. Ha auspicato che non ci siano, come è avvenuto altre volte, forzature, contrapposizioni e strozzature del dibattito, ma ci siano “un confronto realmente aperto”, “una seria discussione e libere scelte” sulla impostazione della manovra e sulle misure idonee per giungere al pareggio di bilancio, alla riduzione del debito pubblico e “insieme, al rilancio della crescita economica”. In altre parole, ha chiesto che le Camere discutano nel merito, senza pregiudizi, e che governo e maggioranza – secondo l’interpretazione data da alcuni esponenti del Pd – non strozzino il dibattito con maxiemendamenti e voti di fiducia. Sarebbe “inaccettabile”, ha detto Pierluigi Bersani. Questo appello si ricollega ad altri richiami del presidente della Repubblica al senso di responsabilità di tutti e alla consapevolezza dei gravi problemi da fronteggiare, problemi di tutto il paese e non solo di uno schieramento politico, problemi che, con la speculazione finanziaria internazionale in agguato, bisogna risolvere nell’interesse di tutti, non possono essere elusi né rinviati.

La firma che autorizza la presentazione del decreto alle Camere non è stata apposta a cuor leggero. Prima Napolitano ha preteso e ottenuto l’eliminazione della tanto discussa norma ‘salva Fininvest’, che rischiava di togliere coerenza e credibilità all’intero provvedimento. Ha atteso che il governo gli fornisse chiarimenti su alcune criticità del testo emerse dallo scrupoloso esame fatto in 48 ore dagli uffici del Quirinale. I chiarimenti riguardavano, fra l’altro, le multe per le quote latte, misure per i dipendenti pubblici, ed altro. Senza entrare nel merito di scelte che spettano al governo, il capo dello Stato, ha esercitato la moral suasion per indicare aspetti tecnico-giuridici da chiarire preventivamente. E il governo ha accolto sostanzialmente i suoi rilievi. Ho varato il decreto legge, ha fatto sapere Napolitano con una nota ufficiale, poiché i suoi contenuti sono stati “essenzialmente ricondotti” a ciò che può contenere un simile provvedimento: “norme strettamente attinenti alla manovra finanziaria” e altre “suscettibili di incidere con effetto immediato sulla crescita economica”. Su quella crescità troppo esigua che – ha fatto osservare altre volte Napolitano – è un problema del paese, poiché non permette di affrontare i problemi concreti, a cominciare dalla troppo estesa precarietà e disoccupazione giovanile.

GELO NAPOLITANO-BERLUSCONI SU LODO;TREMONTI SI SMARCA
di Milena Di Mauro
Nel giorno in cui alla fine il ministro dell’Economia Giulio Tremonti presenta la manovra da 51 miliardi e Giorgio Napolitano controfirma il decreto annotando gelido che “finalmente è stato ricondotto a norme attinenti” e ora dovrà esserci “un confronto aperto in Parlamento” (altro che fiducia) volano ancora gli stracci sulla norma salva-Fininvest, che Silvio Berlusconi ha dovuto in fretta ritirare, nel clamore generale. Un comportamento del quale oggi, a margine del Consiglio di Difesa, il Capo dello Stato avrebbe chiesto spiegazioni al premier, esigendo chiarimenti sul merito in un successivo colloquio nei corridoi del Quirinale. Intanto Tremonti pubblicamente si smarca. “Chiedete a Palazzo Chigi”, dice in conferenza stampa, imbarazzato dal fuoco di fila di domande sul Lodo Mondadori, mentre l’intero partito gli imputa di avere con sapiente regia prima accolto il lodo (ispirato, racconta un ministro, da Berlusconi e scritto da Alfano e Ghedini) e poi avvertito i tecnici del Quirinale della correzione. Il ministro dell’Economia tenta di liquidare la spinosa questione con una battuta (“Vi dò il cellulare di Letta, chiedete a lui”), che in molti nel Pdl hanno letto come il tentativo di scaricare ogni responsabilità su Palazzo Chigi. La verità è che la rabbia del Pdl verso il titolare del Tesoro cresce di ora in ora e l’input (che secondo alcuni esponenti della maggioranza arriverebbe direttamente da Palazzo Grazioli) sarebbe quello di far emergere che Tremonti deve essere considerato l’unico ‘padre’ e quindi il responsabile di una manovra “devastante”, mettendolo nell’angolo e cercando di ottenere, già in commissione al Senato, modifiche che rendano più potabile il provvedimento. Lo scontento è generalizzato: comuni e regioni in rivolta, donne in piazza, critiche dal mondo delle banche e dalle opposizioni, giovani avviliti dal futuro pensionistico che si prospetta. Ma è dentro il Pdl che Tremonti – sicuro che la monovra “portarà al pareggio di bilancio” – ha i suoi principali detrattori.

Un altro bubbone è pronto a scoppiare in consiglio dei ministri, dove potrebbe arrivare il decreto sul rifinanziamento delle missioni in scadenza. Anche su questo tema dal Colle è arrivato un chiaro altolà durante il Consiglio Supremo di Difesa: Napolitano ha preso atto che ci saranno meno finanziamenti, ma ha garantito che “le missioni restano cruciali e anche con meno soldi l’Italia non si sottrarrà agli impegni presi”. Uno schiaffo alla Lega, che chiedeva il ritiro immediato dalla Libia e che ha scritto al premier annunciando battaglia su un decreto fuorisacco, partorito senza coinvolgere il Carroccio nelle decisioni. “La verità – mette di nuovo sotto tiro il ministro dell’Economia un esponente della Difesa – é che Tremonti non ci ha ancora detto dove intende trovare i soldi e come coprire il finanziamento delle missioni”. Berlusconi anche oggi, rientrato dal Consiglio di Difesa, è rimasto per tutto il giorno nelle stanze di Palazzo Grazioli, “di umore nero” racconta qualcuno che lo ha sentito, scansando uscite pubbliche come il consueto ricevimento offerto a Villa Taverna per l’Independence day dall’ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, David Thorne. Unico svago la cena alla Casina Valadier per il compleanno del sottosegretario ‘responsabile’ Katia Polidori.